Qualche giorno fa in un post di Instagram abbiamo accennato al Sequal, ma qual è la situazione complessiva?
Di circa 300 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica prodotti ogni anno, nemmeno il 10% viene riciclato in modo adeguato. Mentre una parte viene incenerita o smaltita in discarica, la maggior parte finisce sulle spiagge o negli oceani dove non si degrada ma diventa sempre più piccola fino a diventare un problema microscopico. Si stima che entro il 2050 ci sarà più plastica che pesci nei nostri oceani, e questi numeri non fanno che accelerare. Per questo negli ultimi quindici anni si sono moltiplicate le iniziative per contenere questo fenomeno.
Stop alla plastica: le iniziative degli ultimi anni
Un esempio è l’accordo del 2017 tra il colosso Adidas e Parley for the oceans. L’obiettivo del progetto è riassunto con il semplice acronimo di Parley, AIR: Avoid, Intercept e Redesign. Evitare la plastica ovunque possibile, intercettare i rifiuti di plastica, riprogettazione del materiale stesso. Uno dei principali risultati di quest’iniziativa è la realizzazione di linee di abbigliameno in Ocean Plastic ® che utilizza plastica proveniente dalle spiagge e dalle comunità costiere di tutto il mondo.
In Europa diverse aziende si sono attivate nella stessa direzione. Nel 2009 nasce, nell’ambito del progetto Upcycling the Ocean, il marchio spagnolo Ecoalf. In questo caso la raccolta di reti da pesca e materiali abbandonati rifornisce una nuova filiera produttiva e la spazzatura raccolta si trasforma in filato di qualità per produrre tessuti e prodotti. Mentre, l’italiana Aquafil, nel 2011, introduce ECONYL® il nylon riciclato, ottenuto da reti da pesca non più utilizzabili e da scarti di pavimentazioni tessili. La particolarità di questo materiale è che può essere rigenerato, ricreato e rimodellato all’infinito.
La nostra iniziativa preferita contro la plastica
La nostra preferita è la spagnola Seaqual Initiative che, dal 2016 ad oggi, ha raccolto più di 200 tonnellate di rifiuti marini lungo le coste oceaniche dell’Europa e nel Mediterraneo. Da grandi programmi internazionali a piccoli gruppi, gli attori che partecipano a questa iniziativa no-profit sono molteplici. Allo stesso modo, le operazioni di pulizia sono le più disparate, possono essere raccolte in spiaggia una tantum, così come coinvolgere intere comunità di pescatori che recuperano regolarmente i rifiuti. Queste pulizie raccolgono tutti i tipi di rifiuti: articoli in plastica, metalli, vetro, gomma e materiali misti, dalle scarpe ai frigoriferi. Seaqual Initiative ricicla i materiali che trova differenziandoli e smaltendoli in maniera responsabile.
La plastica viene gestita direttamente; questa rappresenta il 40% dei rifiuti trovati in spiaggia, perché spesso raccoglie bottiglie e piccoli oggetti a seguito delle mareggiate, mentre solo il 5-10% dei rifiuti trovati sul fondo dell’oceano. Buona parte di questi rifiuti plastici vengono trasformati per diventare SEAQUAL® MARINE PLASTIC presso strutture approvate SEAQUAL. Le parti in PET mischiate con altri rifiuti terrestri, vengono processate e lavate, diventando fiocchi e poi granuli, per essere infine scaldati per creare un filo, il Seaqual Yarn. Questa plastica marina trasformata è utilizzata in 60 paesi diversi per creare nuovi prodotti da marchi diversissimi: si va da complementi d’arredo, ai sedili di una linea di Panda Hibryd, passando per una linea della Puma.
Se da un lato è vero che alcuni brand che ho citato probabilmente fanno operazioni di green washing, è anche importante che questo tipo di iniziative si diffondano su una scala sempre più vasta, anche nei colossi della moda e non solo. Noi come sempre abbiamo scelto il piccolo: le nostre amiche di Olly Lingerie hanno sviluppato costumi proprio in Seaqual Yarn. E mentre indossate il vostro nuovo bikini perché non dedicare un po’ di tempo alla raccolta di rifiuti sulla vostra spiaggia preferita?