l colore è un catalizzatore del successo delle vendite nel settore della moda. E’ la prima cosa che notiamo in un capo. Prima di toccare il tessuto, provare la taglia o considerare i processi di produzione, la preferenza del colore influisce sull'occhio.
L’acqua nella produzione tessile
Va però considerato che solo il 5% delle materie prime coinvolte nei processi di produzione e consegna è contenuto all’interno del capo di abbigliamento che abbiamo davanti. Il restante 95%, secondo Michael Braungart e William McDonough, è composto da tutto ciò che viene utilizzato nella fase produttiva, una vasta componente della quale è acqua.
Nell’industria tessile vengono utilizzate fino a 200 tonnellate di acqua per tonnellata di tessuto. La maggior parte di quest’acqua viene restituita alla natura come rifiuti tossici, contenenti coloranti residui e sostanze chimiche pericolose. Acqua densa, simile all'inchiostro, scorre attraverso i fiumi che circondano le fabbriche di abbigliamento; una zuppa tossica di sostanze chimiche scartate dai processi di tintura sintetica dell’industria della moda, che filtrano nei sistemi idrici del pianeta.
Lo smaltimento delle acque reflue è raramente regolamentato, rispettato o controllato, il che significa che i grandi marchi, e gli stessi proprietari delle fabbriche sono lasciati irresponsabili.
I coloranti sintetici
Esempi di coloranti sintetici sono coloranti dispersi, reattivi, acidi e azoici.
I coloranti azoici sono tra i più popolari perché possono essere utilizzati a temperature più basse rispetto alle alternative prive di azoto e raggiungono profondità di colore più vivide.
Il maggiore problema è che sono elencati come cancerogeni e, in determinate condizioni, le particelle di questi coloranti possono scindersi (producendo sostanze potenzialmente pericolose note come ammine aromatiche). Inquinano i sistemi idrici e a contatto con la pelle possono essere dannosi per l'uomo.
In alcuni paesi, tra cui gli Stati membri dell’UE e la Cina, esiste una legislazione che vieta la vendita di prodotti contenenti coloranti che possono degradarsi per formare ammine cancerogene, ma negli indumenti sono state ancora trovate piccole tracce di queste ammine.
L’inquinamento dell’acqua
Gran parte dell'acqua utilizzata nella produzione viene utilizzata durante la fase di tintura. L'acqua di post-produzione contenente coloranti residui, mordenti, prodotti chimici e microfibre viene espulsa nei corsi d'acqua non trattata. Ciò avviene spesso attraverso condotte non rintracciabili alla fonte, il che significa che le fabbriche possono commettere questo reato in modo anonimo. Queste sostanze chimiche pericolose non si decompongono quando entrano nei fiumi e poi negli oceani, facendo il giro del mondo.
Ad esempio in Cina, oltre il 70% dei fiumi sono inquinati, a proposito potete vedere il documentario River Blue. Questo significa che molti degli 1,4 miliardi di abitanti non possono accedere ad acqua “pura”. Le falde acquifere sono contaminate, rendendo i pozzi non sicuri per la raccolta dell’acqua per il consumo domestico. Miliardi di tonnellate di acque reflue vengono espulse dalle fabbriche non trattate, abbassando l’ossigeno disciolto nei corsi d’acqua a livelli incapaci di sostenere la vita. Per le comunità che circondano il fiume Li in Cina e per gli operai che maneggiano queste sostanze chimiche, l’esposizione a sostanze chimiche tossiche, potenti e potenzialmente mortali avviene quotidianamente.
Alternative sostenibili
La principale alternativa ai coloranti sintetici sono quelli naturali. Si tratta di pigmenti disponibili in natura, che garantiscono ad un capo una maggiore biodegradabilità. Quelli di origine vegetale ricavati dal mallo della pesca, dalle noci e dalla clorofilla; e quelli di origine minerale ottenuti da terre vulcaniche della zona del mediterraneo. Le colorazioni naturali coprono una gamma limitata di colori pastello e, a differenza di quelle sintetiche, non potranno mai avere colori accesi e saturi. Questo perché i pigmenti naturali vanno a coprire le fibre, invece di legarsi chimicamente a queste. Tutto ciò comporta un margine di imprevedibilità del risultato finale, che rende ogni capo unico. Il tempo e i lavaggi avranno sicuramente un effetto sui colori naturali. Questi sono tessuti "da vivere”, che anche attraverso i cambiamenti raccontano la loro storia.
L’altra soluzione è la stampa, riduce in maniera significativa il consumo di acqua e non necessita di temperature elevate. Si tratta quindi di una tecnologia decisamente meno invasiva e dai risultati cromatici sorprendenti.
Le aziende che scegliamo per il negozio utilizzano un mix di queste tecniche. Sui capi di Bottega chilometri zero trovate spesso il marchio “attenzione tintura speciale” per segnalare appunto l’utilizzo di coloranti naturali, Indi and cold fa invece un largo utilizzo della stampa digitale per le sue coloratissime viscose fantasia, mentre Rifò si è affacciata quest’anno nel mondo del colore con un maglione con effetto sfumato tinto a mano.